Quanto costano ai giovani i tirocini gratuiti? Quella degli stage gratuiti è una prassi ancora molto diffusa che ai giovani costa cara
Il 2024 potrebbe essere l’anno degli stagisti! La commissione europea è chiamata il 10 gennaio a varare una direttiva sui tirocini dopo che, nello scorso giugno, il Parlamento UE ha votato a favore di una proposta di regolamentazione.
Le novità principali sono: lo stop ai tirocini gratuiti, una durata minima di un mese e massima di 6 mesi e l’accesso degli stagisti alla previdenza.
Lo scorso giugno, l’Aula di Strasburgo aveva approvato a larga maggioranza (404 voti a favore, 78 contrari e 130 astenuti) una risoluzione che impegnava il Collegio a presentare una direttiva che stabilisse standard minimi uguali per i Ventisette, con l’obiettivo di vietare definitivamente la pratica dei tirocini non retribuiti. Tra gli italiani, le opposizioni avevano appoggiato la proposta mentre i partiti di governo si erano astenuti.
Si tratta di un’iniziativa fortemente sponsorizzata dal Forum europeo della gioventù, un’associazione che riunisce le organizzazioni giovanili del Vecchio Continente, e dalla Ces, la confederazione europea dei sindacati.
Lo stop ai tirocini gratuiti potrebbe diventare realtà
La risoluzione si divideva in due parti: una direttiva per i tirocini nel mercato del lavoro (quelli che si svolgono dopo la laurea o il diploma) e una decisione per i tirocini curricolari (ossia quelli richiesti obbligatoriamente dai percorsi di studio).
Per i tirocini post laurea o diploma, la direttiva chiede l’obbligo di retribuzione per gli stagisti, con una paga che dovrà essere in linea con il salario minimo dello Stato membro dove lo stage viene attivato.
Gli eurodeputati, che si sono intestati da anni questa battaglia, hanno inoltre chiesto norme comuni circa la durata dei tirocini e la protezione sociale dei tirocinanti.
I tirocini, inclusi quelli curricolari, dovrebbero garantire almeno la copertura delle spese relative a vitto, alloggio e trasporti, e la retribuzione (o il rimborso spese) dovrebbe essere modulata sulla base del costo della vita di ciascun Paese.
Il datore di lavoro dovrà sottoscrivere un accordo di tirocinio con lo stagista che preveda un sistema di obiettivi condivisi, valutazione e feedback del lavoro svolto.
Il tirocinio dovrà avere una durata minima di un mese e una massima di sei mesi. Sono infine concessi rinnovi solo entro certi limiti, così da impedire che i giovani passino da uno stage all’altro per anni senza reali prospettive di impiego.
Secondo l’eurodeputata dei Verdi Rosa D’Amato, “il lavoro va pagato, sempre”. E ha aggiunto: “La scusa dello stage gratuito per ‘fare esperienza’ è solo un modo per nascondere lo sfruttamento ed è una forma di ingiustizia per tutti quei giovani che non hanno una famiglia alle spalle che possa sostenerli economicamente”.
La proposta prevede anche degli incentivi per gli imprenditori che propongono stage retribuiti e di qualità, in modo da combattere la concorrenza sleale di chi sfrutta personale non pagato e da contenere, almeno in parte, fenomeni come la cosiddetta fuga di cervelli.
Altre richieste dell’Eurocamera sono quella di rendere i tirocini maggiormente accessibili alle persone con disabilità e provenienti da contesti vulnerabili, nonché quella di incentivare i tirocini transfrontalieri.
Il Parlamento europeo è stata la prima istituzione comunitaria a bandire i tirocini non retribuiti al suo interno, inclusi quelli degli assistenti parlamentari, con le relative misure che sono entrate in vigore all’insediarsi dell’attuale legislatura, nel 2019.
La situazione italiana
L’esigenza di una retribuzione equa degli stagisti è, tuttavia, molto sentita in tutta Europa: un recente sondaggio Eurobarometro di Eurostat ha evidenziato che il 76% dei giovani intervistati ha effettuato uno stage e che per il 58% del campione il tirocinio è stato determinante per la successiva assunzione (anche da aziende diverse da quello in cui si è stati stagisti).
Il problema è dato dal costo associato allo stage (in media 1.000 euro mensili), spesso coperto solo parzialmente dai rimborsi o addirittura per nulla se lo stage è gratuito.
L’Italia è in linea con la media europea, ovviamente con alcune particolarità legate anche al minor tasso di laureati e specializzati post-laurea all’interno della forza lavoro.
Secondo il più recente rapporto Anpal, tra il 2019 e il 2021 sono stati attivati 910mila stage. Lo strumento è il primo canale di ingresso nel mondo del lavoro per il 41,4% dei tirocinanti under 30, quota che arriva al 67% per gli under 20. Solo il 23,3% dei tirocinanti era laureato, mentre circa la metà (47,5%) era diplomato.
La preponderanza nelle attivazioni degli stage (80%) riguarda il programma Garanzia Giovani, che tramite i fondi Ue retribuisce sia l’azienda che il giovane (rimborso di 500 euro al mese). Lo stage, infine, è quasi totalmente scollegato dalla formazione: marginale è il ruolo delle università (3,5%) e delle istituzioni scolastiche (0,7%).
Dal 39% dei tirocini effettuati in Italia consegue un rapporto di lavoro (anche per aziende diverse), ma va ricordato che metà di essi riguardano commercio, servizi e lavoro d’ufficio e il 10% addirittura mansioni per cui non serve una qualifica.
Sicuramente gli stage sono determinanti per l’inserimento nel mondo del lavoro, la cui maggioranza è retribuita con fondi Ue, ma resta una questione da porsi a livello europeo.
Se il tirocinio è così tanto utilizzato, è perché consente di abbassare il costo del lavoro e mantenere la competitività, quindi non sarà solo l’obbligo retributivo a restituire dignità agli stage e al lavoro in quanto tale.