Brasile, omofobia e transfobia come razzismo: saranno penalmente persegubili con il carcere

Svolta in Brasile. Secondo quanto stabilito dalla Corte Suprema, i comportamenti e il linguaggio omofobi potranno ora essere puniti con il carcere, dai due ai cinque anni. Con 9 voti a favore, dal punto di vista legale ora omofobia e razzismo si equivalgono. Una decisione, quella presa dalla Corte Suprema, che va a rinforzare quanto già determinato nel Paese nel 2019, quando i giudici stabilirono per la prima volta che l’omofobia era reato.

Una presa di posizione molto netta quella del Brasile, che dallo scorso gennaio è nuovamente sotto la guida del presidente Lula. Questa nuova legge, tuttavia, rappresenta un punto molto importante per la comunità Lgbtq+. Infatti, se prima erano perseguibili legalmente solo gli attacchi alla comunità stessa, da ora lo saranno anche quelli individuali, quindi gli attacchi rivolti alla persona singola. 

Brasile, una svolta epocale

Edson Fachin, il giudice che ha espresso il verdetto, ha dichiarato a proposito: “Questa decisione era un imperativo costituzionale”. Alla base di questa decisione, infatti, c’è un messaggio molto importante per tutto il Paese: il Brasile vuole tutelare tutte le persone e i loro diritti fondamentali, contrastando le varie discriminazioni.

Alcune bandiere arcobaleno
Immagine | Pixabay @Filmbetrachter – 15giorni.it

Un verdetto che arriva non a caso, in quanto il Paese è inserito tra i luoghi più pericolosi al mondo per la comunità Lgbtq+. A confermarlo i numeri diffusi da Transgender Europe, organizzazione che tutela i diritti delle persone transessuali e transgender, e Agencia Brasil, agenzia di stampa pubblica nazionale brasiliana, secondo le quali 228 persone sono state uccise nel Paese nel 2022. Se invece prendiamo in riferimento il periodo che va dal 2008 al 2022, ad essere state uccise sono state 1.741 persone. I numeri più pesanti, tuttavia, si registrano nel 2020, dove un persona Lgbtq+ è stata uccisa, o si è tolta la vita, ogni 26 minuti. La decisione della Corte Suprema è stata, ovviamente, ben accolta in tutto il Paese.

L’Italia tra i peggiori in Europa

Quando si parla di garantire i diritti alle persone Lgbtq+, tuttavia, l’Italia è tra i peggiori Paesi in Europa. Lo ha sottolineato il recente rapporto della International Lesbian and Gay Association (Ilga), che promuove gli interessi delle persone lesbiche, gay, bisessuali, trans e intersessuali nel continente. Questo report misura quanto i Paesi europei si avvicinino, in una scala da 0 a 100 per cento, alla tutela dei diritti Lgbt, valutando diversi ambiti: tra questi la libertà di espressione nella società civile, il diritto d’asilo – se richiesto -, la difesa dai crimini d’odio, la famiglia e l’uguaglianza. 

L’Italia, su quarantanove Paesi, è al trentaquattresimo posto, con un punteggio del 25 per cento. Non dei buoni dati, anche considerando quanto l’Italia sia sviluppata in ambito economico rispetto ad altri Paesi meno sviluppati che ci superano, come i Balcani o la Grecia. In testa alla classifica, con l’89 per cento, figura Malta, seguita dalla Danimarca e il Belgio, con il 76 per cento. A chiudere la classifica, invece, la Russia e Armenia, con l’8 per cento, e poi la Turchia, con il 4 per cento e l’Azerbaigian, con il 2 per cento. Nonostante ciò, in Italia si sono registrati dei miglioramenti rispetto a dieci anni fa.

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