Cos’è “la stanza per l’ascolto”, criticata perché convincerebbe le donne a non abortire

L’opposizione nella Giunta regionale attacca l’iniziativa di Fratelli d’Italia: “Ennesima umiliazione nei confronti delle donne e della loro libertà di scelta e di autodeterminazione”

 

L’ospedale Sant’Anna di Torino inaugura la “stanza per l’ascolto” per le donne che vogliono abortire. Obiettivo contribuire “a far superare le cause che potrebbero indurre all’interruzione della gravidanza“. L’iniziativa è frutto di una convenzione tra la Città della Salute e il Movimento per la vita, associazione anti abortista di ispirazione cattolica. A volere la “stanza per l’ascolto” è stato l’assessore alle Politiche sociali della Regione Maurizio Marrone, in quota Fratelli d’Italia.

La finalità è di fornire supporto e ascolto a donne gestanti che ne abbiano necessità, nell’ambito di un più generale percorso di sostegno durante e dopo la gravidanza alle donne che vivono il momento con difficoltà e che potrebbero quindi prendere in considerazione la scelta dell’interruzione di gravidanza o che addirittura si sentono costrette a ricorrervi per mancanza di aiuti“, ha spiegato Marrone.

La stanza per l’ascolto ricorda i “punti di sostegno alla gravidanza” promossi in tutto il mondo da Heartbeat International, nota organizzazione antiabortista statunitense con cui il Movimento per la vita non a caso è gemellata dal 2013.

Heartbeat è finita più volte sotto i riflettori per le pratiche considerate manipolatorie e ingannevoli seguite nei suoi centri pro-life allo scopo di dissuadere le donne dal portare avanti l’interruzione di gravidanza, come denunciato tra gli altri da un’inchiesta di Open Democracy.

Le critiche: iniziativa contro il diritto all’aborto

Di certo l’iniziativa dell’ospedale torinese ha  suscitato critiche trasversali, unanimi nel condannare quello che viene considerato un attacco al diritto all’aborto sancito dalla legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza.

“Un’iniziativa del genere è perfino difficile da commentare. Se la potevano risparmiare. È vero che non vogliono cambiare la legge 194 ma, a piccoli passi, la stanno svuotando dall’interno”, il commento di Emma Bonino, leader di +Europa.

Silvio Viale, capogruppo di Radicali Italiani nella Giunta regionale e medico ginecologo del Sant’Anna, invece manda un messaggio ai vertici dell’ospedale. “Se la Direzione Generale vuole dare una sede al Movimento per la Vita questa deve essere il più lontano possibile dai reparti. Se una donna vuole un consulto da loro, potrà continuare a farlo, come accade adesso rivolgendosi direttamente alle loro sedi, ma non accetteremo interferenze e molestie”.

Dura la condanna anche del Partito Democratico. “La stanza dell’ascolto promossa dall’assessore regionale Marrone è l’ennesima umiliazione nei confronti delle donne e della loro libertà di scelta e di autodeterminazione”, attacca Nadia Conticelli, presidente Pd Piemonte e capogruppo nella Sala Rossa.

Non si tratta di uno sportello di accoglienza ma di un affidamento diretto al Movimento per la Vita, dunque una forma di violenza psicologica istituzionalizzata”, prosegue l’esponente Dem. “I luoghi per l’accoglienza delle donne, la tutela della loro salute riproduttiva, della genitorialità consapevole, ci sono già nel Servizio sanitario nazionale. Sono i consultori, ad accesso libero e diretto. L’assessore regionale ha il dovere di garantire i necessari finanziamenti”.

Ecografia di una gravidanza
Foto Pexels / Pavel Danilyuk – 15giorni.it

Contrario anche il Movimento cinque stelle. “Marrone non provi a far passare le sue marchette alle associazioni antiabortiste come sostegno alle donne. I suoi progetti oscurantisti non hanno nulla a che vedere col sostegno economico alle famiglie”, accusa Sarah Disabato, capogruppo regionale M5S Piemonte.

A protestare fuori dalla Sala Rossa ci sono le donne di “Se non ora quando” Torino. “Non serve una stanza di ascolto. Le donne che decidono di abortire sono consapevoli della loro vita e delle loro scelte. Quello che serve aduna donna per portare avanti una gravidanza è un lavoro sicuro e ben retribuito, una casa, dei servizi di welfare che funzionino, sempre che i motivi per cui ricorre all’aborto siano di natura economica e sociale”, dice la presidente Laura Onofri. “Quello che invece le donne non vogliono è la stigmatizzazione che si fa verso coloro che decidono di abortire, instillando sensi di colpa e di vergogna”.

L’assessore Marrone però resta convinto della bontà dell’iniziativa perché, dice, “ogni volta che una donna abortisce perché si è sentita abbandonata di fronte alla sfida della maternità siamo di fronte a una drammatica sconfitta delle istituzioni. Per questa ragione aprire nel principale ospedale ostetrico ginecologico del Piemonte uno spazio dove donne e coppie in difficoltà possano trovare aiuto nei progetti a sostegno della vita nascente è una conquista sociale per tutta la comunità”.

L’applicazione della legge 194 sull’aborto

Il presidio sanitario è il primo in Italia per numero di parti con 6.590 nuovi nati nel 2022 e l’ospedale piemontese in cui si esegue il maggior numero di interruzioni di gravidanza, con circa 2.500 casi nel 2021, pari al 90% delle ivg eseguite a Torino e al 50% circa di quelle a livello regionale.

Numeri che fanno dell’ospedale torinese un’eccezione in un contesto come quello italiano in cui, secondo il dati del ministero della Sanità, il 70% dei ginecologi nelle strutture pubbliche è obiettore di coscienza, con picchi che superano il 90% in regioni come il Molise.

Secondo l’Associazione Luca Coscioni il maggiore ostacolo all’applicazione della legge 194 “riguarda principalmente l’obiezione di coscienza”.

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