Ucraina, HRW accusa l’esercito di Kiev: “Usate mine antiuomo”

Il report di Human Right Watch con nuove prove contro l’esercito ucraino. Si conclude intanto la missione di pace del cardinal Zuppi a Mosca dopo l’incontro col patriarca Kirill

Emergono nuove accuse contro l’Ucraina sull’uso di mine antiuomo bandite dai trattati internazionali. Prove raccolte da Human Right Watch ne documenterebbero l’impiego indiscriminato da parte dell’esercito Kiev contro le truppe russe.

HRW precisa di aver condiviso nel maggio scorso i risultati delle proprie indagini con il governo ucraino senza tuttavia ricevere risposte. L’organizzazione per i diritti umani chiede quindi a Kiev di mantenere l’impegno assunto di recente a bandire l’uso di mine, avviare un’inchiesta, incriminare i presunti responsabili, identificare e assistere le eventuali vittime.

A differenza della Russia, l’Ucraina nel 2005 ha ratificato il trattato internazionale del 1997 sulla messa al bando delle mine antiuomo.

Dall’invasione del Paese da parte di Mosca, nel febbraio del 2022, HRW  ha ampiamente documentato l’impiego da parte dell’esercito russo di mine antiuomo con l’uccisione e il ferimento di civili, in flagrante violazione del diritto umanitario internazionale.

 

Foto di una mina antiuomo in Ucraina, accusata da HRW
Photo by Human Rights Watch, licensed under CC BY-NC-ND 3.0 US (https://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/3.0/us/)

Il nuovo report fa seguito a quello pubblicato nel gennaio scorso che già accusava i militari di Kiev di aver collocato, tra aprile e settembre 2022, migliaia di mine antiuomo attorno alla città di Izium, nell’est dell’Ucraina, quando era occupata dalle forze armate russe.

Da allora Hrw ha raccolto nuove prove sul presunto impiego delle armi vietate da parte dei militari ucraini. Si tratta di fotografie pubblicate online che mostrano frammenti di razzi Uragan usati per sganciare mine antiuomo nell’est del Paese. A incriminare Kiev, secondo l’organizzazione, sarebbero i contrassegni in ucraino incisi sulle testate.

Il fronte diplomatico: la missione di pace a Mosca

Intanto sul fronte diplomatico si registra la conclusione della missioni di pace del cardinal Zuppi a Mosca, rientrato oggi a Roma. Ieri c’è stato l’atteso, e fino all’ultimo in forse, incontro fra l’inviato di Papa Francesco e il patriarca ortodosso Kirill, che si è detto “molto contento” della visita: “Le Chiese ortodossa e cattolica possono unire le forze per servire la causa della pace e della giustizia”.

Incontro tra il cardinal Zuppi e il patriarca Kirill a Mosca nell'ambito della missione di pace per l'Ucraina
Foto EPA/RUSSIAN ORTHODOX CHURCH PRESS SERVICE

Il presidente della Cei ieri ha incontrato anche Maria Lvova-Belova, la commissaria russa per i diritti dei bambini, sulla quale pende un ordine di arresto della Corte penale internazionale con l’accusa di aver trasferito illegalmente migliaia di bambini ucraini in Russia. La stessa Lvova Belova ha pubblicato sul proprio canale Telegram una foto che la ritrae insieme al porporato: “Svolgiamo il nostro lavoro in modo aperto e coerente. Sono sicura che l’amore è la misericordia cristiani aiuteranno nel dialogo e nella comprensione reciproca”.

Malgrado gli sforzi del Vaticano, sul campo le prospettive di giungere a un cessate il fuoco per ora restano lontane. A precisarlo, a scanso di equivoci, è stato lo stesso portavoce del Cremlino Dmitry Peskov: “Sfortunatamente finora non ci sono le condizioni” per una soluzione politica o diplomatica al conflitto. “Quindi l’operazione militare speciale continua”.

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