Perché paghiamo il coperto al ristorante? Si fa solo in Italia?

Perché paghiamo il coperto al ristorante? Che cos’è e da dove viene questa usanza antipatica ai più? Cerchiamo di capirne le origini e il senso, oltre a scoprire se ce lo possiamo ritrovare anche sul conto di una cena consumata in un locale all’estero

Nella maggioranza dei casi, il prezzo di una cena in pizzeria o al ristorante viene rincarato di una spesa più o meno contenuta – non così bassa se ad esempio i commensali sono numerosi – che prende il nome di “coperto” o di “coperto e pane”. Le radici di questo tipico costume sono da rintracciare nelle usanze italiane (e non solo) risalenti a secoli e secoli fa.

Un’usanza medievale

La storia del coperto è molto antica, addirittura le sue tracce vanno indietro fino al tardo Medioevo, quindi attorno al 1300 d.C.. Nell’Europa dell’epoca, i viandanti si fermavano per rifocillarsi nelle taverne lungo le strade – considerabili i “ristoranti” del tempo – dove, in cambio di una piccola quota, potevano anche mangiare i propri “pasti al sacco”, approfittando però dei tavoli apparecchiati dai locandieri con posate e tovaglioli.

La sosta accadeva il più delle volte all’interno di quei locali medievali, quindi al “coperto”, il che aggiungeva un servizio di riparo per i pellegrini.

Dal Rinascimento ai giorni d’oggi

Un’altra versione sull’origine del nome della tradizione è da ricercare nelle grandi corti dell’epoca rinascimentale, dove aveva preso piede l’abitudine di piegare i tovaglioli in maniera ornamentale, tali da “coprire” le posate presenti a tavola.

Quello che è certo è che il compenso richiesto per il coperto dalle taverne era appunto dovuto all’utilizzo di spazi e strumenti per potersi cibare forniti e riparati, e che l’usanza si mantenne nei secoli fino ad arrivare ai giorni nostri, con la nascita e la diffusione dei ristoranti come li conosciamo oggi.

Cosa si calcola oggi nel coperto

All’interno del coperto oggi viene calcolato in modo forfettario un costo che comprende comunemente il servizio del pane e della mise en place, dunque l’uso di posate, piatti, bicchieri, tovaglie e tovaglioli, con una prezzistica che varia in base alla qualità e alla presentazione degli oggetti citati.

Alcuni ristoratori valutano nella quota anche valori meno tangibili, ma da cui sicuramente si può trarre grande beneficio, come una location particolarmente prestigiosa dovuta alla sua posizione o alla vista su cui si affaccia, ma anche parametri come la pulizia e la qualità del servizio professionale dello staff.

Tavola in lontananza apparecchiata con mise en place di lusso, fiori e luci soffuse
Foto Pexels | @MatheusBertelli – 15giorni.it

Lo troviamo anche all’estero?

La risposta è negativa: il coperto è un’usanza prettamente italiana, che lascia spesso indispettiti i turisti stranieri – e quando troppo caro, anche noi italiani – un po’ come succede quando ci capita di dover lasciare le mance obbligatorie in altri paesi del mondo, che nel conto pesano molto di più in percentuale.

Mediamente, il coperto che ci viene richiesto nelle pizzerie o nei ristoranti di media categoria si aggira tra 1.5 e 2 euro, ma può arrivare attorno ai 5 euro nel caso di ristoranti gourmet

Il coperto è legale? Quando si può non pagare?

Non esiste una legge che ne regoli il costo a livello nazionale, la regolamentazione rimane a livello locale, ma richiederlo ai clienti aggiungendolo nel conto è sicuramente legale.

C’è però una condizione fondamentale: il costo del coperto deve apparire chiaramente nel listino prezzi del menù. Se non è segnalato dai proprietari, secondo quanto disposto dall’art. 18 del Regio Decreto n. 635/1940, i clienti potrebbero con diritto rifiutarsi dal pagarlo.

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